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Mi sono laureato, e adesso? - Intervista con Giacomo Collini

Oggi abbiamo il piacere di ospitare Giacomo Collini, neolaureato in Interpretazione all'Università di Bologna ed attualmente impegnato in un placement lavorativo in quel di Madrid.




Giacomo, innanzitutto grazie di aver accettato il nostro invito e di sottoporti alle nostre domande. Ti avviso subito, ne abbiamo molte! Iniziamo:


  • Dicci cosa ti ha spinto verso il mondo delle lingue e, più nello specifico, quello dell’interpretazione

Credo di aver ricevuto una chiamata dall’alto fin da piccolino. Dall’alto della torre di Babele, però! Si è trattato di una vocazione alimentata dalla mia famiglia: ricordo che mio zio – diplomato al liceo linguistico - mi intratteneva sfidandomi a ricordare parole in tedesco. Guanto di sfida puntualmente raccolto. D’altronde, quando sei il più piccolo della famiglia, senti il dovere di darti un tono. L’interesse per il tedesco, tuttavia, è stato poi soppiantato dal mio vero amore, l’inglese, a cui si sono affiancati lo spagnolo e il francese.

Per quanto riguarda l’interpretazione, era nei miei pensieri già dalle elementari. Quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, la risposta era sfacciata: “voglio imparare le lingue, girare il mondo e fare l’interprete”. Ero rimasto ammaliato guardando la televisione. Al telegiornale o in alcuni programmi, sentivo stranieri parlare la loro lingua, fino a quando non si sovrapponeva una voce in italiano. Disorientato, un giorno mi girai verso mia mamma e inquisii: “Questo è l’interprete, tesoro, che traduce in simultanea”. Colpo di fulmine. “Io da grande farò l’interprete”.


  • Qual è stata l’esperienza più significativa, sia curriculare che extra curriculare, che ha avuto il maggiore impatto su di te dal punto di vista professionale durante il periodo di formazione

Ci sono state due esperienze, distinte ma correlate, che hanno confermato la mia vocazione all’interpretazione. La prima è stata l’Erasmus a Granada, al secondo anno di triennale. Dovendo convalidare “interpretazione di trattativa 1” di spagnolo, scelsi il corso di “Interpretación 1”. Con mia grande sorpresa, il corso prevedeva un’introduzione alla consecutiva, con tanto di presa d’appunti! Fu così che già al secondo anno di triennale, grazie a una professoressa magnifica, imparai le basi della tecnica, che non era nemmeno contemplata a Forlì fino alla Magistrale. La scelta di quel corso fu saggia, perché al rientro in Italia fui selezionato per fornire assistenza linguistica in un festival di fotografia vicino a dove vivo e con cui collaboro tuttora. Alla luce dei miei studi e della fiducia che ero riuscito a infondere agli organizzatori, mi chiesero di interpretare l’intervista a un rinomato fotografo australiano, di fronte a un pubblico di appassionati ed esperti di fotografia. Non serve che vi dica quanti litri d’acqua ho dovuto reintegrare in corpo a fine lavoro! Ma la soddisfazione di aver potuto applicare le mie nuove abilità di consecutivista fu indescrivibile e confermò la mia idea di proseguire con l’interpretazione di conferenza.



• Quale sono state le opzioni che ti sei ritrovato davanti una volta terminato il percorso di studi? Perché hai scelto la via dello stage?


Le opzioni erano due: rimanere a Cesena dove ho vissuto tutta la vita (Erasmus vari a parte) o tornare all’estero e godere nuovamente della mia autonomia. Non ci ho pensato due volte: tornare all’estero! Il salto nel vuoto, però, fa sempre paura, così mi assicurai di avere una rete di sicurezza, almeno per i primi tempi. Mi ricandidai per l’Erasmus Placement, questa volta post-lauream, dopo che avevo già trascorso tre mesi in Inghilterra. Per varie ragioni, ho scelto di tornare in Spagna. Primo, perché sono meteoropatico e il clima inglese mi deprime. Secondo, perché avevo visto che una interprete cercava tirocinanti che la affiancassero e una mia compagna aveva fatto tirocinio con lei e si era trovata molto bene. A quel punto, la decisione era presa: ci si trasferisce a Madrid!



• Parlaci di più di questa esperienza


Il mio tirocinio è un po’ insolito perché collaboro con una interprete, Alessandra Vita, quando normalmente si svolge presso istituzioni, aziende, scuole, accademie, e simili. Per di più, si tratta di un tirocinio a distanza! Io a casa mia a Madrid con il mio computer, Alessandra a casa sua con il suo. Comunichiamo su Skype, per mail e per telefono.

In realtà, per affrontare una fiscalità meno gravosa, Alessandra ha da poco avviato una impresa (una SL - sociedad limitada), passando da libera professionista a titolare unica dell’azienda, per cui io, a tutti gli effetti, collaboro con la sua azienda. Il bello, però, è la flessibilità di cui godo. Pur dovendo lavorare un tot di ore al giorno, posso gestirmele come meglio credo e se ci sono giorni in cui devo dedicarmi al mio personale lavoro di traduzione o interpretazione, posso prendermeli.




  • Dove hai scovato questa opportunità? C’erano dei requisiti particolari necessari?

È stato tutto un po’ casuale. Ricordo che navigando in internet mi ero imbattuto nel suo sito web e mi aveva molto colpito. Più tardi, poi, vidi un suo annuncio sul gruppo Facebook della SSLMIT di Forlì in cui diceva di essere alla ricerca di un tirocinante con tedesco. Lì per lì non avevo dato peso alla cosa, perché non ho il tedesco e ancora non avevo in mente di partire di nuovo per un altro placement. Quando maturai l’idea, però, la mia compagna di corso mi disse che si era messa in contatto con lei e che l’aveva accettata, quindi decisi che alla successiva pubblicazione del bando Placement avrei provato anche io. E così è stato.

Non c’erano requisiti specifici, per candidarsi. Nel mio caso, poiché volevo partire dopo la laurea, dovevo assicurarmi di concludere il percorso academico prima della partenza e nei tempi indicanti, ma relativamente ad Alessandra, non richiedeva nulla di particolare, se non la formazione in traduzione e interpretazione e le varie caratteristiche che si richiedono a un qualsiasi lavoratore: responsabilità, organizzazione, gestione del tempo…insomma, professionalità a tutto tondo.


  • Come ti sei preparato a questa nuova avventura?

La finestra temporale in cui poter svolgere il tirocinio era gennaio-settembre 2018. Alla luce di questo e della data di laurea (non ero certo se sarei riuscito a laurearmi a dicembre 2017, come poi è stato, o marzo 2018), Alessandra mi ha consigliato il periodo marzo-giugno, per lei il più denso di interpretazioni a cui avrebbe potuto portarmi, che fossero del mio livello, gestite da lei e di simultanea – lei è solita lavorare molto in bilaterale/consecutiva con clienti diretti internazionali, circostanze in cui non avrei potuto accompagnarla, naturalmente. In ragione di questi fattori, sono partito a inizio marzo e concluderò questa esperienza alla fine di questo mese. Dopodiché… si chiude una porta e si apre un burrone (tanto per citare Fedez)! Chissà che il prossimo futuro non riserve piacevoli sorprese. Non mi dispiacerebbe rimanere in Spagna a coltivare la mia professione.

  • Quali sono le tue mansioni e responsabilità?


Si è trattato di un tirocinio variegato, che mi ha permesso di approfondire ambiti solo marginalmente esplorati (per esempio, settore marketing e legale), nonché di cimentarmi con attività completamente nuove, tra cui anche la gestione dei suoi social media, i cui contenuti ho contribuito a programmare.

Per fare un esempio del primo caso, ho avuto modo di aiutare Alessandra con una sostanziosa traduzione asseverata (sulla quale il traductor jurado appone il suo timbro certificato dal Ministero degli Esteri spagnolo) dallo spagnolo all’italiano di atti di nascita, morte e matrimonio per un suo cliente. Era la prima traduzione giuridica di quel tipo che affrontavo ed è stato di grande beneficio poter contare sul supporto di Alessandra, che mi dava suggerimenti e revisionava, anche più volte, ogni traduzione che le mandavo, fornendomi spiegazioni estremamente dettagliate dei motivi per cui modificava certe mie scelte. Ho imparato tantissimo!

Quanto alle novità, un’attività insolita e degna d’attenzione è stata un progetto di linguistica computazionale su cui abbiamo lavorato per un mese e mezzo tutti i giorni. Dovevamo etichettare manualmente testi giornalistici italiani degli anni ‘90 e 2000 in base a categorie indicate (nome proprio, luogo, data, durata, tempo, entità geografica, eccetera). È stato parecchio impegnativo e a trattati sconfortante per la mole di testi, ma di grande interesse anche per il contenuto degli articoli, che descrivevano avvenimenti che abbiamo vissuto e che ora, a 20 anni di distanza, sappiamo come si sono conclusi (la politica no, è rimasta uguale, stessi nomi, stesse dinamiche).

Da ultimo, ho avuto anche modo di interpretare con lei in una riunione per un progetto europeo sulla migrazione, in cui abbiamo fornito l’interpretazione simultanea italiano<>inglese.



  • Come ti sei trovato in generale e qual è stato l’aspetto del lavorare con un professionista?

Finora, l’ho trovato altamente formativo. Lavorare con una professionista affermata mi ha aiutato a capire a quanti aspetti ci sia da prestare attenzione: professionalità in primo luogo – nel rapporto con i colleghi e soprattutto con i clienti -, ma anche una gestione del tempo e della propria produttività che sia a prova d’imprevisti e di bomba. Ho capito anche che bisogna davvero essere imprenditori di sé stessi e saper tutelare i propri interessi di fronte ai clienti (condizioni di lavoro, pagamenti, per nominare un paio di aspetti).


  • Lo ritieni utile e lo raccomanderesti a chi si trova nella tua posizione alla fine degli studi?


L’ho trovato molto utile e lo consiglieri, sì. Consiglierei in generale di selezionare tirocini che diano effettive opportunità di formazione e di sbocco professionale e di fare tesoro di ogni consiglio e di tutte le buone prassi di cui si è testimoni.



• Ti senti pronto a lanciare la tua carriera da interprete e traduttore? Quali sono i tuo programmi nel breve termine?


Domanda difficile! Mi sento pronto, sì, ma allo stesso tempo sento che ho ancora molto da imparare. Per esempio, mi sono reso conto che i programmi di traduzione assistita sono indispensabili. Provenendo da interpretazione, non ho avuto modo di studiarli all’università, per cui ne ho una conoscenza da autodidatta e ancora insufficiente per trarne reale profitto. Nel breve termine, intendo continuare a formarmi per colmare lacune come questa e consolidare le basi su cui cominciare a costruire la mia carriera. Voglio continuare a studiare e apprendere. Mi piacerebbe esplorare più a fondo il social media marketing, per imparare a individuare con precisione i miei punti di forza e saperli promuovere e metterli al servizio di chi ne ha esigenza. Naturalmente, intendo anche coltivare i contatti professionali che ho già e continuare le collaborazioni che sto portando avanti.



• E nel lungo termine invece?


Nel lungo termine, credo che il mio sogno sia quello di qualunque professionista di questo settore: espandere la propria attività. Ogni libero professionista è una piccola impresa che punta ad affermarsi sul mercato e a offrire servizi sempre più specializzati e mirati. L’idea è coltivare la qualità del servizio che offro e specializzarmi. Secondo Alessandra, sono le specializzazioni che scelgono te. Dunque, mi auguro di poter avere l’opportunità di specializzarmi per poter garantire un lavoro ineccepibile. Spero anche di poter unirmi ad associazioni professionali come l’AIIC. Credo nell’associazionismo e condivido la loro lotta per la tutela della professione; lotta che vorrei contribuire a sostenere con il mio personale contributo. Il mio sogno professionale è arrivare a interpretare per ministri e presidenti, o nelle conferenza stampa. Mi rendo conto che è la vetta della montagna e ancora devo cominciare la scalata, ma mi è sempre piaciuto stare con il naso all’insù ;)



• Qual è l’aspetto che ti piace di più dell’interpretariato e della traduzione?


Come a tutti, mi piace la varietà. Mi annoio facilmente. Non riesco a fare la stessa cosa per molto tempo di fila. Ho bisogno di intercalare attività di varia natura. E sono sempre stato curioso di sapere di tutto un po’. Anche se, dall’altro lato, la sensazione di non essere esperto di nulla fomenta il mio complesso d’inferiorità. Tuttavia, lo sguardo a 360 gradi sullo scibile che ti offrono la traduzione e l’interpretazione è ineguagliabile. Mi piace anche il contatto con le persone che ti offre l’interpretazione, in particolare la bilaterale. Si impara da tutti: dai buoni e dai cattivi esempi. Infine, questo mestiere ti fa scoprire l’esistenza di realtà (termine ombrello per: oggetti, parti di oggetti, software, iniziative, ecc) che neanche immaginavi.



• Quali sono il tuo tallone d’Achille e il tuo punto forte quando si tratta di interpretare? Come l’hai capito?


Il mio punto di debolezza credo sia l’insicurezza in me stesso. Quando affronto un’interpretazione, parto sempre un po’ prevenuto: penso sempre che non coglierò qualche riferimento chiave, che non capirò l’accento del relatore, che non mi verrà la parola che serve, che il mio tono di voce sia sgradevole per il pubblico… Così mi do un po’ la zappa sui piedi da solo! Per non parlare del fatto che quando mi capita l’oratore infernale e sono in cabina, mi piego in avanti e mi metto una mano sulla fronte come a voler proteggermi, ma così smetto di respirare e di ossigenarmi, il che non è di beneficio per i processi cognitivi in atto. Grazie al cielo, le colleghe e compagne di pratica d’interpretazione, tra cui Lara stessa, mi hanno fatto notare questo mio vizio e ci sto lavorando su. All’ultima conferenza mi sono IMPOSTO di rimanere retto e…ha funzionato!

Dall’altro lato, il mio punto di forza credo che sia proprio la capacità di celare il nervosismo che sento e di mantenere un tono di voce conciliante e che infonde sicurezza. Mi sento a mio agio a comunicare in pubblico e credo che questo sia un punto di forza nella consecutiva. Mi hanno sempre fatto i complimenti per la disinvoltura, anche quelle volte in cui avrei solo voluto lanciare il blocco e urlare “NO MARIA IO ESCO”. La preparazione di un interprete si misura anche dalla sua capacità di coping, alla fine, no? J

Mi sono reso conto di tutti questi aspetti praticando con compagni di corso o colleghe che ho incontrato lungo il cammino, proprio come te [Lara Fasoli, ndr] e Ele [Eleonor Regin, nrd], assolutamente puntuali nei vostro feedback e sempre molto costruttive.


• Qual è l’aspetto che più ti piace di ciascuna delle tue lingue di lavoro?


Dell’inglese, mi piace la sua precisione e la sua brevità. Ti dà tempo di pensare e di formulare frasi eleganti nella loro semplicità. Dello spagnolo, mi piace la solennità e il suo colore, sempre presente nella quantità di metafore o modi dire che presenta. Dell’italiano, mi piace l’eleganza, la formalità e la ricchezza espressiva. Ovviamente, parlo dell’italiano bello, non l’anti-lingua di Calvino.



• Per concludere, raccontaci la cosa più divertente che ti è successa durante un’interpretazione!


Sono veramente PESSIMO a ricordarmi di aneddoti simili! L’unico che mi viene in mente - ma ce ne sono sicuramente altri, di momenti divertenti - risale alla fine del secondo anno di magistrale. Ero a lezione di simultanea attiva specializzata di spagnolo. Argomento sindacati, mercato del lavoro, diritti dei lavoratori. Il discorso parlava di una manifestazione sindacale contro la moderazione salariale e i licenziamenti collettivi. Bene. Era il mio turno in cabina. La mia compagna monitorava la mia resa. Arriva quella frase. “I tre principali sindacati spagnoli sono scesi in strada oggi per protestare contro i licenziamenti collettivi”, che io prontamente rendo con “los tres principales sindicatos españoles se manifiestan en la calle para protestar contra las despedidas colectivas*”. Passa un secondo, e realizzo. Guardo la mia compagna di cabina. RIDE. Mi volto di scatto verso l’unico e inimitabile professore Tugnoli - che mi guarda e sghignazza – e urlo: “DESPIDOS!”. Avevo reso i licenziamenti collettivi un amabile e spensierato congedo di un gruppo dei lavoratori, come stessero partendo per una vacanza.

*DESPIDO = LICENZIAMENTO

*DESPEDIDA = CONGEDO (quando una persona se ne va e saluta l’altra)



Grazie mille ancora per la disponibilità Giacomo, siamo sicure che la tua esperienza e il tuo parare saranno di aiuto a molti studenti e a chi sta muovendo i primi passi nel settore!

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